martedì 23 novembre 2010

Prometeus e il Sacro Fuoco. de "Il meraviglioso mondo di Shangri-La"

...Erano più di sei mesi che gli abitanti di Creta non vedevano comparire ai giochi e ai riti pubblici Prometeus, da tutti chiamato "il previdente", perché mai nessuna delle sue azioni era avventata o leggera, ma tutto ciò che faceva derivava da un calcolo meticoloso. Per tutto questo tempo l'uomo era rimasto chiuso nella sua originale casa costruita vicino al mare, in un luogo che era regolarmente sommerso dall'alta marea. Così Prometeus aveva l'illusione di abitare in un'isola dal momento che, per raggiungere la porta, doveva servirsi di una piccola barca. La curiosità aveva spinto molti ad andare a vedere cosa succedesse. Ogni tanto dalla casa usciva il servo di Prometeus portando grandi sacchi e subito tutti gli andavano incontro per chiedere notizie del suo padrone, ma il servo faceva cenno di non poter parlare: non perché gliene mancasse la voglia, al contrario; solo perché Prometeus, quando doveva mandarlo fuori a far provviste, lo obbligava a tirare fuori la lingua e gliela toccava con un bastoncino d'oro per renderla muta. Allora gli altri tentavano di farlo parlare a gesti, ma Prometeus aveva previsto anche questo e aveva fatto in modo che, nel momento in cui il servo provava a muovere le braccia, gli arti si irrigidissero. Al piano superiore c'era l'unica finestra aperta della casa. Fallito ogni altro tentativo, i più curiosi decisero di provare a vedere qualcosa attraverso quella apertura. Aspettarono che scendesse la notte e che spuntasse la luna, poi appoggiarono una scala alla parete e salirono uno per volta. Il primo della fila, giunto avanti alla finestra, gettò uno sguardo dentro, ma l'unica cosa che riuscì a vedere fu la propria faccia pallida per l'emozione. Per lo spavento si ritrasse di colpo e ci mancò poco che non precipitasse a terra trascinando con sé anche tutti gli altri! Infatti Prometeus, per evitare di essere spiato attraverso quell'unica finestra aperta, le aveva messo davanti una lastra d'argento lucidata a specchio, per cui non era possibile vedere nulla all'interno. Finalmente arrivò il giorno il cui il mistero fu svelato e la curiosità dei cittadini appagata. Era il primo giorno di primavera e tutti gli abitanti di Creta erano fuori dalle case per godersi il tepore e raccogliere fiori. All'improvviso la porta della dimora di Prometeus si spalancò ed egli apparve sulla soglia. Non era solo: al suo fianco c'era un uomo un pò più alto di lui, di forme perfette, ma stranamente rigido. Era completamente nudo e aveva la pelle color cenere. I cittadini più in vista si fecero avanti per salutare Prometeus che non vedevano da vario tempo e gli dissero: "Non vedendoti più tra di noi, temevamo per te e per la tua salute. Non sapevamo che avessi un ospite.". "In realtà...", rispose Prometeo, "Egli è l'uomo più nobile che sia mai stato sulla terra, perché non ha pregi né difetti e la sua bocca non ha mai proferito né menzogna né vanterie. E sapete perché è così perfetto? Perché l'ho plasmato io stesso con le mie mani, in sei mesi di lavoro senza sosta. E lo feci e disfeci per ben cento volte, finché non raggiunsi l'armonia che vedete.". Allora i concittadini sbigottiti si avvicinarono all'uomo che credevano ospite di Prometeus e videro che era impastato di loto, cioè del fango portato dal mare. Al centro della casa di Prometeus, infatti, c'era un cortile pieno di acqua di mare ed egli si era messo a lavorare lì perché ogni tanto si specchiava per riprodurre nella creta le sue stesse fattezze. Solo quando la sua opera gli sembrò perfetta volle mostrarla ai suoi concittadini. Era la prima statua apparsa sulla terra e credeva che l'ammirazione del popolo non avrebbe avuto mai fine. Invece, dopo il primo momento di curiosità, essa non attirò più l'attenzione di nessuno e perfino i ragazzi, che erano i più curiosi di sapere, le passavano davanti distrattamente con la stessa indifferenza con cui osservavano un sicomoro o l'albero maggiore di una nave che si cullava nel porto. Prometeus ne fu profondamente umiliato e stava quasi per fare a pezzi la sua opera quando, in un momento di disperazione, una voce interiore gli suggerì: "Se questa statua è veramente così unica deve avere la vita! Solo in questo modo supererà in perfezione tutti gli altri uomini.". Prometeus, pur essendo imparentato con gli Dei più potenti, non sapeva nulla di come si trasformassero le cose. Allora decise di ricorrere a Minerva, la Dea più esperta dell'Olimpo in questa arte. Giunto al suo tempio l'uomo la implorò e le raccontò il suo desiderio. Minerva rispose: "­Verrò nella tua casa questa notte per fare ciò che chiedi.". E mantenne la promessa. Andò nella dimora di Prometeus sul mare, vide il colosso di creta e ne rimase ammirata. Poi gli girò intorno e lo toccò sulla testa rimanendo a lungo assorta. Così gli infuse la timidezza della lepre, l'astuzia della volpe, l'orgoglio del pavone, la ferocia della tigre, la forza del leone. "Eccoti accontentato.", disse alla fine, "Ma ti consiglio di non mostrare quest'uomo a nessuno. È così superiore ai comuni mortali da avvicinarsi agli Dei. Ma devi temere l'invidia divina. Se ti scoprono guai alla tua invenzione, guai a te.". E così dicendo scomparve. Ora il colosso di fango si muoveva, parlava, cantava, ma non era ancora perfetto: il suo cuore non batteva, la sua pelle aveva ancora il colore della cenere, dalle sue labbra non usciva neppure una parola di gratitudine verso Prometeus che l'aveva creato. Gli mancava il sacro fuoco vitale, quello che fa circolare il sangue, che agita le passioni, che fa nascere i sentimenti. Una notte, in sogno, Prometeus vide gli Dei radunati nell'Olimpo che discutevano della sua creazione e ridevano per la sua incompiutezza. Allora tornò da Minerva e le disse: "La mia statua non è perfetta, le manca il fuoco che accende il cuore e lo fa ardere come una fiamma viva. Dove posso procurarmelo?". "Il fuoco sacro è nel Sole.", rispose la Dea, "Ma ti senti così coraggioso da rubarlo?". "Certamente...", affermò Prometeus senza esitazione. "Allora va in cielo sul far del giorno, quando le Ore stanno per aggiogare i cavalli al carro del sole guidato da Apollo. Mi raccomando vai all'alba, perché il sole scotta meno e non rischi di bruciarti. E non dire a nessuno che questo consiglio ti viene da me.". Prometeus così fece. Andò fino in cielo, rubò il sacro fuoco del sole e, appena tornato nella sua casa, lo infuse al suo colosso che da quel momento fu un uomo perfetto perché gioì, soffrì, pianse e rise, amò e odiò i suoi simili. Gli Dei si riunirono subito nell'Olimpo e con grande furore chiesero a Giove di punire duramente quel temerario che aveva osato rubare i loro poteri, ponendosi alloro stesso livello. Giove acconsentì e subito attuò la sua vendetta. Fece chiamare Vulcano e gli ordinò di fabbricare una donna che fosse in tutto e per tutto perfetta. Il Dio del fuoco creò una magnifica fanciulla cui mise nome Pandorae. Quando recò la sua opera agli Dei, essi ne furono molto soddisfatti, tanto che ognuno volle farle un regalo prezioso. Anche Giove le fece un dono: un vaso di terracotta completamente chiuso. Poi le disse: "Và con questi doni da Prometeus. Tu sei una donna perfetta così come è perfetto l'uomo che egli ha impastato con la sua argilla. Vivrete insieme e dalla vostra unione perfetta non potrà che venire la piena felicità per tutti gli uomini. Pandorae andò, ma il previdente Prometeus, rammentando gli avvertimenti di Minerva, la cacciò via. Però, proprio in quel momento, giunse il colosso di fango e si invaghì perdutamente della ragazza. La implorò di restare e, poiché Prometeus cercava di dissuaderlo, fu preso da uno scatto d'ira e gli si scagliò minaccioso contro. Poi condusse con sé Pandorae e la ragazza, quando giunsero sulla riva del mare, gli mostrò i doni ricevuti dagli Dei. L'uomo di creta li ammirò molto, ma non appena vide il vaso chiuso desiderò sapere cosa contenesse. Invano Prometeus, sopraggiunto in quel momento, lo scongiurò di non farlo, ma l'altro non lo ascoltò e ruppe il vaso. Immediatamente si scatenò una tempesta di guai. Infatti dal vaso fuoriuscirono tutti i mali e tutti i delitti. E questi si sparsero per il mondo. Prometeus tentò di chiudere il vaso con un coperchio fatto dello stesso loto con cui era impastato l'uomo, ma invano: dentro non era rimasta che la speranza. L'uomo di creta e Pandorae vissero insieme, ma non furono felici, perché avevano in sé tutti i mali. Così fallì il sogno di Prometeus. I suoi guai però non finirono qui. Infatti una notte Giove, la cui ira non si era ancora placata, lo sorprese nel sonno e lo portò su un'impervia roccia a picco sul mare. Lo incatenò sulla scogliera e ordinò a un avvoltoio di divorargli in eterno il fegato che continuava a ricrescere dopo ogni pasto.

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