sabato 31 luglio 2010

Leggenda del Lupo, del Pecoraio e del Castagno della Madonna. de "Il meraviglioso mondo di Shangri-La"



Raccontano i vecchi che un povero pastorello, trovandosi solo con le pecore per quelle alture, udì l'urlo di un Lupo affamato. Impallidire, sentirsi diacciare il sangue nelle vene, pensare che via di salvezza non c'era, vedersi già azzannato e sbranato dalla bestia inferocita e raccomandar l'anima al Creatore, fu cosa di un istante per il pastorello. Chiamò a raccolta, con lo zufolo, il gregge e, così tremante e pregante, si raccolse con le miti bestiole al tronco di un grosso castagno, che aveva già copia di fronde. L'urlo si avvicinava, e il Lupo non tardò a comparire, con un balzo, da un greppo: aveva sentito chi sa di dove l'odore della carne e, con l'istinto del fiuto, era in pochi salti venuto al luogo ove poteva sfamare la fame vorace. Quando fu in vista del pastore e del gregge, sostò un momento, anelante, con le fauci spalancate, la lingua fuori, gli occhi gialligni e lucenti, come per sincerarsi della bella preda che gli si offriva senza contrasto; e, con un nuovo urlo famelico fece l'atto di spiccare un altro salto: era la morte sicura per il pastorello e le pecore. In quel mentre, però, che succede? Tutti i rami frondosi del castagno improvvisamente si curvano fino a toccare la terra e formano una cupola folta, nascondono e proteggono il piccolo pastore e le pecore. Il Lupo urla più che mai famelico e inferocito, e si aggira spaventosamente intorno alla cupola misteriosa che gli impedisce di sbramar la fame. Dà l'assalto, ma le sue zampe non possono aprire il varco nell'intrico denso di rami e foglie: morde, strappa, ma la sua rapina si annienta contro il prodigio del cielo. Infine, stremato di forze, estenuato dalla vana rabbia e più dalla real fame, si allontana. Allora i rami del castagno si rialzano, tornano come prima; e il pastorello e il gregge, sani e salvi, possono riprendere il sentiero della discesa per ritornare alla capanna e all'ovile.

I Lupi e le Pecore. Esopo. de "Il meraviglioso mondo di Shangri-La"


I Lupi, che facevano la posta a un gregge di pecore, non riuscivano ad impadronirsene a causa dei cani che lo sorvegliavano, e allora decisero di ricorrere all’astuzia per raggiungere il loro scopo. Mandarono ambasciatori alle pecore, e chiesero la consegna dei cani, affermando che erano essi i responsabili delle loro relazioni ostili. Una volta che li avessero in mano, la pace avrebbe regnato tra di loro. Le pecore, senza sospettare quel che le aspettava, consegnarono i cani; e i Lupi, una volta padroni di questi, sterminarono senza difficoltà il gregge rimasto indifeso.
Così anche quegli Stati che consegnano senza difficoltà i loro capi, senz’avvedersene sono tosto soggiogati dai nemici.

venerdì 30 luglio 2010

Figlio del Lupo Grigio. Jason R. Forbus. de "Il meraviglioso mondo di Shangri-La"


Quella notte il vento sembrava ululare. Le capanne erano sul punto di cedere all’impeto delle raffiche da un momento all’altro. Violenti scrosci di pioggia si abbattevano sulla terra trasformandola in fango. Ilkreg pugno di roccia, lo sciamano della tribù, si prostrò al cospetto del Totem. La robusta colonna di legno raffigurava, a grosse linee, un lupo feroce e possente, uno dei molteplici aspetti del dio Uthgar. L’anziano sollevò le callose mani al cielo stellato e, gridando più forte che poteva: «Uthgar! Il cielo piange! Il vento si lamenta! I tuoi figli hanno fame!». Il venerabile sciamano si accasciò a terra, stremato. Ma i suoi sforzi erano stati vani, poiché il vento e la pioggia continuarono a spazzare la terra impietosi. «Uthgar non ci sente, il vento è troppo forte!» Costui era Torkenheim, figlio di Trulkaard e fiero capo della tribù del lupo grigio. L’uomo dagli occhi di ghiaccio, fra lo stupore degli altri guerrieri, si arrampicò sul totem e una volta in cima sollevò il pugno serrato e gridò: «Uthgar! Cento madri e cento figli sono morti quest’inverno! La selvaggina scarseggia e gli uomini di città ci combattono con il fuoco e la magia! Uthgar! Io non ti ho mai pregato e tu lo sai! Ma anche un uomo forte prega quando i suoi fratelli e le sue sorelle muoiono!». Un fulmine saettò dal cuore delle nubi, colpendo in pieno il totem. La forza dell’impatto scaraventò Torkenheim a qualche metro di distanza ma, inspiegabilmente, non lo ferì. Anche il totem era completamente intatto e, agli occhi spalancati degli uomini, parve che il lupo di legno ringhiasse nel vento. Una voce tonante allora si udì, una voce che umiliò la tempesta. «HO UDITO LE VOSTRE PREGHIERE, TORKENHEIM FIGLIO DI TRULKAARD. TEMPI DURI STANNO PER ARRIVARE E TUTTO IL NORD SOFFRIRÀ. MA IO VI DICO: SIATE DEI VERI LUPI GRIGI E CACCIATE QUANDO LA LUNA È PIENA. QUESTA NOTTE HO BENEDETTO UNA DONNA CON UN FIGLIO. EGLI SARÀ GRANDE.». Detto questo la voce scomparve ma anche la tormenta, goccia dopo goccia, soffio dopo soffio, diminuì di intensità. Lentamente, le nuvole si diradarono, rivelando un’enorme luna piena. Gli uomini sollevarono gli sguardi incantati verso il meraviglioso astro. Era un dono, od una maledizione? La pelle si coprì di folto pelame grigio; i volti si allungarono nei musi di lupi feroci; le membra si irrobustirono e dalle mani guizzarono degli affilati artigli. Un odore, fino ad allora impercettibile, giunse alle narici dei licantropi che proprio allora salutavano la luna: odore di carne. Il branco affamato corse a perdifiato nella notte, seguendo la scia invisibile che si faceva sempre più pungente. Dopo mezz’ora di marcia forzata, il branco si imbatté in una dozzina di renne: le creature erano stanche e ferite, una facile preda per i licantropi che non persero tempo a farle a pezzi. Tornati al villaggio, i lupi affidarono la selvaggina alle loro compagne. Bisognava vederle le lupe, mentre difendevano ad artigli tratti il cibo dall’ingordigia dei lupacchiotti. Quando la luna sprofondò al di là dell’orizzonte, la maledizione si spezzò cosicché uomini e donne tornarono alle loro sembianze originali. Un guaito di cucciolo salutò il giorno nascente. Proveniva dalla tenda di Egrid la guaritrice. Allora Torkenheim e Ilkreg, memori delle parole di Uthgar, accorsero a vedere. Entrando nella tenda i due uomini trovarono la giovane donna intenta ad allattare un neonato avvolto in un pellicciotto di lupo bianco e, ben sapendo che Egrid non aveva alcun uomo, Torkenheim il capo e Ilkreg lo sciamano si inchinarono al cospetto di colui che riconobbero come il figlio di Uthgar. Il fanciullo, forse, era la risposta del dio ai tempi duri predetti dalla profezia. Lo chiamarono Nokinair, che nella variante dell’illuskan parlata dai barbari uthgard vuole dire “figlio del lupo grigio”. Un giorno Nokinair avrebbe sconfitto i malvagi signori del nord e liberato la terra dalla tirannia. Un giorno il potente guerriero avrebbe condotto il suo popolo a sud, verso grandi conquiste, e fondato l’immenso Impero di Gundfang. A lungo i bardi narrarono l’epopea del Fiero Signore. Ma con lo scorrere inesorabile delle ere, anche le sue gesta sono state dimenticate e tutto ciò che è rimasto è la storia di un uomo che sfidò il mondo intero… e vinse.

La creazione della donna. Le scelte dell'uomo in una leggenda africana. de "Il meraviglioso mondo di Shangri-La"


Quando il Creatore ebbe creato l'universo, la terra, i pianeti, il sole e la luna, ci pensò un po' su e poi decise di creare l'uomo, anche perché non aveva più nulla da fare. Allora prese l'argilla che gli era avanzata dopo aver plasmato la terra, la bagnò con la saliva, la impastò e ne fece una figura con mani e piedi. Ma il Creatore non era soddisfatto: quella statua molliccia rimaneva immobile e aveva un aspetto molto stupido. Allora il Creatore disse: “Per forza non si muove: non le ho ancora dato la vita!”. E soffiò la vita. Così la creature si mosse, ma il Creatore non era ancora soddisfatto. “Non deve solo muoversi, deve anche pensare, amare, combattere!”. E soffiò nella creatura lo spirito, il sentimento e la volontà. Così vene creato l'uomo. Passò qualche tempo e l'uomo cominciò a sentirsi solo: quando aveva finito di lavorare i campi o era tornato dalla caccia allora si sedeva davanti al fuoco e guardava il cielo con tristezza. Il Creatore ci pensò un po' su, poi decise che avrebbe dato all'uomo una compagna femmina, perché gli venne in mente che maschio e femmina insieme erano una cosa buona. Ma l'argilla era finita. Allora il Creatore si guardò intorno e prese un pizzico di qua e di là, una manciata a destra e una sinistra, raccogliendo il profumo dei fiori, il calore del raggio di sole, la freschezza dell'erba, l'ostinazione della pietra, la risata della iena, il canto dell'usignolo, la morbidezza delle piume dello struzzo, lo sguardo della gazzella, la sinuosità del cobra, la dolcezza del miele, la vanità del pavone, la freddezza del diamante, l'abbraccio della liana, la chiacchiera del vento, l'instabilità delle nuvole, la ferocia del leopardo, la timidezza del cucciolo, la cattiveria della tempesta, la gioia della primavera, l'ardore del fuoco e il gelo del ghiaccio, la rabbia del vulcano e la calma della marea. Poi mise insieme tutto quello che aveva raccolto e lo mescolò, facendone una farina soffice da impastare. E venne fuori la donna, a cui il Creatore infuse la vita: e ne fu soddisfatto. Poi si ritirò sopra le nuvole, convinto di aver fatto una cosa buona. Passò un mese e l'uomo chiamò Dio, rivolgendosi al cielo e dicendogli, arrabbiato: “Signore, riprenditi la donna perché ne ho davvero abbastanza! La mia pazienza non è grande come la tua: la donna che mi hai dato continua a parlare, mi sorride e poi mi fa il muso. È una lamentela continua, ride e poi piange, è triste e poi è contenta, dice una cosa e poi il suo contrario, insomma non ne posso più. Ho bisogno di tranquillità e di silenzio: preferisco stare solo. Fammi il favore, riprenditela, perché con lei non posso vivere”. Dio, che era previdente, non disse nulla e riprese la donna con sé. Dopo un altro mese, l'uomo invocò il Creatore: “Signore, che stupido sono stato! Quanto mi pesa la solitudine! Quando lei girava per casa cantando il sole brillava nella nostra capanna. Adesso tutto è diventato freddo e triste. Ti prego, ridammi la donna perché senza di lei non posso vivere”. Dio, che era previdente, non disse nulla, e gli ridiede la donna. Passò ancora un altro mese e l'uomo si inginocchiò nella savana invocando il Creatore: “Signore, abbi molta pazienza con me. Ogni volta che penso di aver fatto la cosa giusta, mi accorgo che è sbagliata. Riprenditi la donna, perché mi ha fatto ancora impazzire: prima è contenta e mi accarezza, poi diventa una belva e mi tira addosso i carboni accesi. Cambia umore ogni volta che gira il vento e la mia vita è diventata un inferno”. E il Creatore gli disse: “Uomo, se questa volta la riprendo non la vedrai mai più. Sappi che questa è la tua ultima opportunità: vuoi vivere con la donna o senza la donna?”. L'uomo alzò le braccia al cielo e piangendo implorò: “Signore aiutami, perché io non so più cosa fare. Con la donna la mia vita è impossibile, ma senza la donna la mia vita è ugualmente impossibile”. E questa è la condizione dell'uomo.

La leggenda di Fenrir, il Lupo incatenato. de "Il meraviglioso mondo di Shangri-La"


Quando gli Dei seppero che Fenrir veniva allevato assieme a Hel e il Miðgarðsormr nella Jötunheimr, la terra dei giganti, decisero di farli portare al loro cospetto perché Odino decidesse cosa farne: le profezie dicevano che da simili creature non sarebbero venute che disgrazie. Mentre Hel fu inviata a regnare negli inferi, e il Miðgarðsormr inabissato sul fondo dell'oceano, non sapendo che fare con Fenrir, gli Dei lo tennero presso di loro. Ora, il Lupo cresceva sempre più, sia in ferocia che dimensioni, tanto che solo il dio Týr osava dargli da mangiare. Fu quindi presa la decisione di incatenarlo, ma l'impresa non sembrava facile. Gli Dei prepararono una catena, e proposero al lupo di farsi legare per misurare la sua forza nel tentativo di romperla. Ma Fenrir la spezzò con facilità, e lo stesso avvenne con una seconda catena più robusta. Nel frattempo Fenrir continuava a crescere. Allora gli Dei mandarono Skìrnir, servitore di Freyr, nello Svartálfaheimr, il regno degli elfi scuri, perché chiedesse a certi nani di preparare una catena magica. La catena magica, chiamata Gleipnir, fu costruita con questi elementi: rumore del passo del gatto, barba di donna, radici di montagna, tendini d'orso, respiro di pesce, saliva di uccello. Alla vista e al tatto sembrava un nastro di seta, ma in realtà nessuno avrebbe potuto spezzarla. Gli Dei andarono quindi su un'isola di nome Lyngvi e lì convocarono Fenrir. Ma il Lupo, al vedere quella catena dall'aspetto tanto fragile, si fece sospettoso, perché temeva qualche incantesimo o un inganno. Dopo una discussione, si convenne che Fenrir sarebbe stato legato con Gleipnir, ma il dio Týr avrebbe dovuto porre la sua mano tra le fauci della bestia, come garanzia. Týr, pur sapendo che così la sua mano sarebbe stata quasi sicuramente sacrificata, accettò. Ed effettivamente Fenrir, nonostante impegnasse tutta la sua tremenda forza, non riuscì a liberarsi dalla catena magica, tanto che tutti gli Dei scoppiarono a ridere, ad eccezione di Týr, cui Fenrir mozzò all'istante la mano, non appena si rese conto di essere stato sconfitto. Fu quindi presa l'estremità della catena e fissata al suolo con due massi. Durante questa operazione Fenrir tentò a più riprese di azzannare i suoi carcerieri, tanto che gli infilarono una spada tra le due mascelle, in modo che non riuscì più a chiuderle. Da allora Fenrir rimane incatenato sull'isola, e così dovrà rimanere sino alla fine del mondo. Folle di rabbia, il grande Lupo ulula e sbava, tanto che dalla sua saliva si è formato un fiume, di nome Ván (letteralmente "attesa"). Fenrir sarà liberato dalle sue catene durante il Ragnarök, la fine del mondo. Il Lupo, nuovamente libero, attaccherà gli Dèi, assieme alla altre forze del disordine e dell'oscurità e riuscirà a divorare Odino, il padre di tutti gli Dei nordici.

mercoledì 28 luglio 2010

Il Lupo e la Saggezza. de "Il meraviglioso mondo di Shangri-La"


"" Tanto, ma veramente tanto tempo fa, una giovane donna, fino a quel momento vissuta senza problemi, seppe che i suoi genitori l'avevano promessa ad un uomo molto più anziano di lei. La giovane lo conosceva e, a pelle, non l'aveva mai sopportato, aveva un che di viscido quando le parlava e, in un paio di occasioni, aveva persino provato a toccarla con quelle mani callose e sudaticce. Quando gli avevano detto che lei non approvava, rispose stizzito al padre: "È impulsiva, ma io so come ammansirla". Dopo aver pianto silenziosamente tutte le lacrime che aveva, ricevette la visita della madre. "È un uomo potente...", le disse. "Sarai la donna più invidiata di tutti...". La giovane si sentì morire e, raccolte le sue poche cose, se ne andò. "Mai e poi mai accetterò una cosa del genere...", diceva mentre fuggiva nella notte buia. Quasi non si accorse che attorno a se la tempesta infuriava, per quanto era forte il suo tumulto interiore. Più volte cadde sul sentiero bagnato, più volte i rovi le segnarono le braccia e il viso, più volte scivolò nel fango. "Meglio morire che essere toccata da quell'uomo!", ripeteva a se stessa. Scortata nella foresta da lampi improvvisi, scrosci d'acqua violenti e venti fortissimi. Trovò riparo sotto una rupe. Il mantello era ormai inzuppato d'acqua e fango, prese a tremare violentemente. Si allungò e si coprì alla meglio. Poco dopo si addormentò. Durante la notte i brividi passarono e una sensazione di calore la pervase tutta. Si svegliò e provò a muoversi, ma qualcosa di pesante le impediva i movimenti. Allungò una mano e trovò una pelliccia morbida accanto a lei. "Forse ti hanno trovata!!!", le suggerì l'istinto. Si tirò su di scatto e qualcosa rotolò, uggiolando piano. Definitivamente sveglia aprì gli occhhi avvertendo il pericolo. Ciò che vide la meravigliò. Davanti e intorno a lei c'erano dei Lupi. Quello che aveva davanti era imponente e la guardava con i suoi profondi occhi, quasi a volerle leggere dentro. "Non farmi del male, te ne prego...", disse al Lupo. "O uccidimi al momento...", aggiunse rassegnata. Il Lupo parve capire ciò che la ragazza diceva. Le si avvicinò a fauci spalancate, pronto ad ucciderla con un sol morso. Poi, improvvisamente, indietreggiò e non fu più in pericolo. "Cosa ti succede figlia mia?", disse una voce calma alle spalle del Lupo. "Nel tuo cuore leggo la disperazione". "Vogliono farmi fare una cosa che non voglio e io preferisco morire". "Ti abbiamo salvato noi... dal freddo della notte, con i nostri corpi e tu ora vuoi morire...", disse la voce. "Tanta fatica per nulla... uccidimi...", disse guardandosi intorno. "Non lo farò... non posso opporni al destino, se sei ancora viva c'è un perchè..." "E qual'è?", chiese la donna. "Gli uomini temono e odiano noi Lupi da tempi immemori, prima non era così. Loro hanno tradito un antico patto. Ma a te e alle tue discendenti sarà data un'occasione unica e speciale, non sprecarla. Nel nome del patto stretto con la Luna che noi amiamo e che vi regola, daremo a voi donne la possibilità di avvicinarsi a noi Lupi senza pericoli e senza paura. Tutto ciò finchè ci sarà la Luna a brillare sulle nostre teste, per i secoli a venire. Accetti il nostro patto?" "Si, lo accetto.", disse la donna. "Allora tu sarai la prima donna sciamana, conoscerai la saggezza, sarai tu la saggezza, comunicherai con noi ogni volta che vorrai perchè il nostro spirito è legato al vostro per sempre". Il Lupo alzò la zampa e la donna vi poggiò contro la sua mano. In quel momento un raggio di Luna squarciò il cielo nuvoloso e suggellò il nuovo patto. La giovane, tornata a casa, non sposò l'uomo che le era stato imposto, visse la sua vita compiendo guarigioni, avendo imparato in quella notte tutte i segreti per guarire le ferite con le erbe e parlando in ogni momento con i suoi amici Lupi.""
La luna ammalia i lupi e influenza le donne, rendendole diverse sotto i suoi intensi raggi.

Il Lupo e la Sacerdotessa. de "Il meraviglioso mondo di Shangri-La"


Spoglia delle carnali vesti, le porte della secolare foresta varco, antica dimora di spiriti e di animali. Corro veloce sotto le rade chiome nere, mentre gli effimeri raggi della luna bagnano la mia pelle nuda. Dal resto degli uomini fuggo e mi rifugio nella foresta incantata, mentre dentro di me arde il primordiale fuoco. Nel buio danzo con le fiamme, protetta dal gelido sguardo del custode della mia anima. L'eco del tuo ululato, fratello mio, durante la notte, scaccia i morbosi occhi che ti guardano con curiosità. Domande, pregiudizi, la falsa morale sotto il tuo feroce morso svaniscono. Nell'alba piano piano s'incendia la notte ed evapora la foresta al risveglio. Io, Sacerdotessa dell'Atavica Religione, la lunga via percorro, insieme a te, mio fidato amico, mentre le ormai fredde rocce sento sotto i piedi scalzi. Alla radura non c'è nessun incantesimo da fare, nessuna pozione, nessuna preghiera, qui non c'è redenzione e perdono, solo un riparo dal freddo vento che, come un salice, mi scuote. Nel cerchio tracciato, ho acceso un fuoco con i sacri legni, ho segnato il sacro confine, e, con te come protettore, mi distendo a terra, ispiro forte, preparandomi al viaggio fra i due mondi.

Ashira e il Lupo Nero. de "Il meraviglioso mondo di Shangri-La"


In lontanissimi tempi, quando l'Europa era ricoperta dai ghiacci, una bellissima Luna piena risplendeva sulle gelide distese, illuminando milioni di crtistalli di gelo. Io, Ashira, stretta nel mantello di pellicce, mi aggiro nell'ambiente silenziosamente. Ad ogni passo sento lo scricchiolio del gelido respiro della terra sotto i passi. Raggiungo una radura circolare tra gli abeti, da qui vedo appieno la luce della Luna, con delle pietre traccio un cerchio intorno a me. Apro i lacci del mantello e allontato le sottili pelli cucite che porto sotto, nonostante il vento pungente resto a petto nudo. Sfilo il coltello dalla punta di selce dalla custodia di pelle finemente lavorata che porto legata alla coscia, sopra le due pelli di renna cucite insieme, con un taglio pazientemente ricucito in mezzo alle gambe. Con la lama del coltello traccio dei segni sul corpo, prima nell'incavo dei seni, poi sulle braccia. Piano piano, il sangue comincia a fluire, prendo da una sacca un pò di polvere di carbone finemente pestata e la spargo sulle ferite. Il carbone si unisce al sangue, mentre rimetto a posto il coltello. Resto in muto silenzio e in trepida attesa. Aspetto qualcuno. Poco dopo, da dietro una collina sbuca un possente Lupo Nero che si avvicina con la testa bassa e la coda dondolante. Sono ormai tre sere che vengo qui e lui mi raggiunge. So che fa parte del branco del Lupo Bianco che i cacciatori del clan detestano. Fra i tre branchi che popolano la zona, quello del Lupo Bianco è il più odiato, temuto e, segretamente, da me rispettato. Gli altri branchi hanno paura del fuoco e non si avvicinano alla capanna. I Lupi che appartengono al branco del Lupo Bianco invece, arrivano fino ad avventurarsi nella capanna per rubarci il cibo. Ora per chiudere l'ingresso abbiamo messo un'abete secco così non entrano. Depredano i lacci dove, sapientemente, lasciamo le esche. Gli uomini del clan, impegnati ogni giorno, in costanti marce per cercare il cibo, spesso sono disturbati nella caccia proprio dai Lupi del branco del Lupo Bianco. I Lupi continuano a inimicarsi i cacciatori, rovinando i nostri appostamenti. I cacciatori già si contendono le pelli dei Lupi di questo branco. Nessuno degli uomini caccia per me, perchè non ho un compagno, ma tutti, per la mia posizione, mi rifocillano di carne da arrostire. Mi è stata promessa la pelle del Lupo che è ora a pochi passi da me e uggiola piano. Allungo la mano e lui mi raggiunge. Ne ho visti tanti di Lupi in questi anni, ma questo ha un comportamento anomalo. Mi osserva quando sono con le altre donne alla ricerca di pinoli e radici che crescono sotto gli abeti, al riparo dalla neve. Mi sono chiesta se sono solo io a vederlo, l'ho descritto alle altre donne e ai cacciatori. Nessuno lo ha mai visto, epppure non è uno spirito, è reale, lascia orme sulla neve fresca, e ora è qui davanti a me. La luce della Luna rende il suo pelo quasi scintillante. Si accuccia davanti a me e si lascia accarezzare, se mi vedessero gli uomini del clan in questo momento. Ho portato della carne secca e gliela porgo. Lui la guarda appena, si alza e si allontana. Poi torna sui suoi passi, prende la carne e la porta con sè. Si allontana un pò, posa la carne nella neve, torna indietro e prende il mio mantello fra le fauci. Vuole qualcosa da me. Lo seguo. Il Lupo raccoglie la carne secca e fa qualche passo. Senza alcun timore lo seguo. Attraversiamo un bel tratto di bosco, arranchiamo a fatica nelle neve fresca, i mocassini di pelle che ho ai piedi sono pieni di bianchi cristalli. Arriviamo a quello che so un fiume congelato e lo risaliamo per un pò. Ora la Luna non è più visibile. Intorno a noi il bosco brulica di vita, decine di occhi ci seguono. Sono i Lupi del branco del Lupo Bianco, sicuramente c'è anche lo Sfregiato, lo ha colpito Asier, il cacciatore giunto nella capanna questa primavera, marito di mia sorella, dopo lo scambio di alcune delle nostre donne con alcuni dei loro cacciatori. Così rinsaldano i clan, scambiandosi le donne. Quante volte le sento piangere perchè non accettano le decisioi degli anziani. Quando mi vedono, tirano su con il naso e, dentro di loro, invidiano il mio essere Spirito Libero. Io sono una Sciamana, parlo con gli Spiriti, sono una Guaritrice, la mia linea di sangue non può essere miscelata con quella dei cacciatori delle colline e delle pianure, solo con quella delle montagne. La prossima primavera dovrei prendere marito, arriverà da noi e rimarrà qui. Sono gli uomini che si spostano per sposare le Sciamane. Se avrò una figlia anche lei lo sarà e sarà legata alla nostra capanna, come lo sono io. Persa nei miei pensieri, seguendo il Lupo, mi sono persa. Davanti a noi c'è una grotta. Uno alla volta i Lupi del Branco del Lupo Bianco escono dalla tana. Il grande e possente Lupo Bianco si avvicina a me e mi scruta minuziosamente con i suoi occhi gialli. Il Lupo Nero entra nella tana, portando con sè la carne secca. Poi torna indietro e, venendomi vicino, mi tira per il mantello, portandomi verso il cuore della grotta, più stretta. C'è un foro e il Lupo vi entra. Per me è tropo piccolo. Tolgo il mantello e porto con me la sacca. OItre il foro c'è la vera tana, l'odore di Lupo è fortissimo. Il Lupo Nero si ferma vicino a una roccia. Un respiro affannoso attira l'attenzione. Un Lupo è disteso a terra e solleva appena la testa al mio arrivo. Ansima. Mi avvicino piano e il Lupo alza poco la testa, è stanco. Allungo le mani e, con grande forza, digrigna i denti. Il Lupo Nero ulula sommessamente e l'altro si calma. Poco dopo mi accorgo che è una Lupa. Ha le mammelle grandi. Le tocco e mi accorgo che sono dure. Cuccioli non ce ne sono. La Lupa dovrebbe aver partorito da due o tre giorni. Il Lupo Nero attira la mia attenzione sul corpo di un cucciolo ormai senza vita. La Lupa sta male e solo ora ho capito il perchè il Lupo Nero ha scelto me. Torno all'esterno della tana e mi procuro della neve fresca, la porto all'interno, il calore delle mani la scioglie, la lascio sgocciolare dentro una pietra con un incavo che porto sempre con me. Dalla sacca prendo della corteccia di salice finemente tritata e la faccio sciogliere nell'acqua. Con la punta del coltello la mescolo. Formo una poltiglia e, prendendo la testa della Lupa, cerco di fargliela bere, ma lei non vuole. Il Lupo Nero uggiola piano e lei inizia a leccare il preparato. Ha un'infezione dovuta al parto. Un uggiolio leggero attira la mia attenzione. Dietro il Lupo Nero c'è un cucciolo, un'altro, vivo, ma allo stremo. Ha bisogno di latte e quello ce l'ha solo la madre. Il Lupo me lo porta vicino, metto il dito accanto alla sua bocca e lui succhia. Ha fame. Prendo la pietra concava e mi avvicino alla Lupa, le accarezzo dolcemente le mammelle, stringo i capezzoli ed escono delle gocce. Ne raccolgo un pò nella pietra, prendo il cucciolo e lo avvicino al latte. Quasi istintivamente, forse riconoscendoe l'odore, inizia a leccarlo piano piano. Prendo il cucciolo fra le braccia e lo stringo a me, uso il calore del corpo per scaldarlo. Il Lupo Nero si avvicina e si accuccia vicino a me. Veglio per tutta la notte la Lupa e il cucciolo. Al mattino, la Lupa respira meglio e, invogliata dal Lupo Nero, assaggia un pò della carne che ho portato. Poco dopo entra il Lupo Bianco e lo Sfregiato e ululano sommessamente, la Lupa cerca di alzarsi in piedi e ulula piano anche lei. Lo Sfregiato digrigna i denti vedendomi con il cucciolo fra le braccia, ma il Lupo Nero si mette fra lo Sfregiato e me. Il Lupo Bianco, con il muso, cerca di far alzare la Lupa. È la sua compagna. Mi avvicino alla Lupa e le tocco le mammelle, sono più morbide e al solo tocco, esce il latte, porto il cucciolo da lei e lo allatta. Poco dopo la Lupa si alza in piedi e raggiunge il Lupo Bianco. Il Lupo Nero prende il mantello e mi invita a seguirlo all'esterno. Il mio compito è finito. Ho guarito la lupa che aveva dei problemi ad allattare. Il Lupo Bianco e la Lupa ci seguono all'esterno della tana e, ululando in coro, ci salutano. Il Lupo Nero mi scorta, si volta un'ultima volta a guardare la tana e, uggiolando, ci allontaniamo. Il Lupo Nero che mi scorta è un ramingo, partecipa alla caccia, dorme nella tana, rispetta la gerarchia, ma vuole stare da solo. Insieme torniamo alla radura. Altre volte ho rivisto la Lupa che ho guarito e il suo cucciolo cresce bene e, come amico, continuo ad avere il Lupo nero che mi accompagna ogni volta che sono da sola.

La DONNA LUPO de "Il meraviglioso mondo di Shangri-La"


In una piccola e serena tribù del nord viveva una giovane donna innamorata di un guerriero che aveva contato molti colpi. Al tempo si diceva che sulle rive del vicino lago, nelle notti di plenilunio, si potesse vedere un lupo trasformarsi in una splendida donna. La voce arrivò anche al guerriero che decise di trascorrere ogni notte di plenilunio sulla riva del lago per tentare di vedere la "donna-lupo". La giovane donna era sempre gentile con il guerriero e al di lui cospetto tutti i membri della tribù notavano l'illuminarsi in volto della donna, tutti tranne il guerriero, che mai si soffermava a contemplare il suo sguardo. Il guerriero era troppo intento a vantarsi della caccia con gli amici e a dire che avrebbe visto la donna-lupo per primo, per accorgersi dei sentimenti della giovane donna, ma lei pazientava in silenzio. Una notte di plenilunio il guerriero seguì un bagliore nel buio, fino a vedere il lupo trasformarsi nella donna più bella che avesse mai visto. Incantato dalla visione, il guerriero cadde in ginocchio davanti a lei e se ne innamorò all'istante. Lei non proferì verbo, ma sorrise emanando una calda luce in direzione del guerriero, poi scomparve mentre lui chiuse gli occhi, non potendo sostenere la visione. L'indomani il guerriero tornò al villaggio raccontando a tutti di aver visto la donna-lupo, di quanto fosse bella e che il suo cuore oramai le apparteneva. La giovane donna chiese al guerriero cosa mai avessi di così speciale quella donna-lupo, ma lui non seppe rispondere, non lo sapeva propio descrivere a parole. Il plenilunio seguente, il guerriero tornò al lago, attendendo fiducioso l'arrivo della donna-lupo e lei arrivò. "Cosa ti porta qua guerriero?", domandò lei. "Tu, sono qua per te.", rispose entusiasta lui. "Dimmi vieni a me per chiedere o per donare?", domandò la donna-lupo divertita. "Sono qua per donarti il mio cuore e il mio braccio e per chiederti di essere la mia compagna.", replicò il guerriero sorridendo. "QUANDO RIUSCIRAI A VEDERMI ACCETTERO' IL TUO DONO ED ASSECONDERO' LA TUA RICHIESTA.", rispose lei scomparendo all'istante. Il guerriero tornò all'accampamento pensieroso, la donna gli si avvicinò, avendo intuito i suoi turbamenti e gli domandò se lo potesse aiutare. Bruscamente il guerriero la mandò via dicendole che la sua era solo gelosia verso la donna-lupo e che non voleva aiutarlo, ma solo confonderlo ulteriormente; la donna se ne andò in silenzio, serena in volto e tornò a svolgere i suoi compiti. Al terzo plenilunio il guerriero tornò al lago, la donna-lupo apparve e senza indugio lui le disse che la vedeva benissimo. La donna-lupo sorrise abbassando la sguardo, scuotendo lievemente il capo e senza rispondere sparì, così il guerriero tornò all'accampamento molto dispiaciuto. L'uomo si aspettava, come sempre, di vedersi arrivare incontro la giovane donna, ma lei quella volta non arrivò; il guerriero non capiva il motivo, ma sapeva solo che la doveva cercare, così andò alla sua tenda, ma la trovò vuota. A terra, nella tenda vi era solo una pelle di lupo e un pezzo di corteccia con inciso un messaggio: "SE SOLO MI AVESSI VERAMENTE VOLUTA VEDERE, AVRESTI SCOPERTO CHE SONO SEMPRE STATA ACCANTO A TE, A TUA DISPOSIZIONE; ANCHE IL SOLE UN GIORNO POTREBBE NON SORGERE, MA VUOI DAVVERO ATTENDERE QUEL GIORNO PER ACCORGERTI DI LUI?" Da quel momento il guerriero imparò a porre un'attenzione consapevole verso ciò che lo circondava e si dedicò alla cura degli altri; non smise mai di pensare alla giovane donna oramai perduta.