venerdì 13 agosto 2010

Diana... de "Il meraviglioso mondo di Shangri-La"



“Figlia di Apollo, custodisco per sempre il passaggio donde le anime salgono ai Cieli. Tu non scorgi che un lato del mio doppio volto: l’altro guarda gli Dei! Comprimo quaggù l’effluvio della terra; con tutto il peso del mio globo premo gli Spiriti, le Anime e i Corpi; è tutto il mondo sotto la mia gravità, tutto soggiace al mio ritmo e riceve la rugiada dei miei silenziosi accordi. Io congiungo e disgiungo, accordo e oppongo tutto: poli, sessi, elementi; io sono il femmineo latente in ogni cosa: attiro a me i movimenti; essi cedono, nella loro forma, alle leggi delle mie ebdomadi: Bestie, piante, folle umane, flussi, venti, nuvole, mari, tutto fluisce a me nella sua marea, dal fuoco centrale divampante all’Empireo, fino ai rarefatti confini dell’Aria. Presiedo alla Morte, regolo la nascita, perché nascere è sempre morire. Le generazioni scorrono sotto la mia potenza: ne posseggo le chiavi d’argento e d’oro; rimando sul Sole le Anime immortali il cui Spirito ha meritato le ali per partirsi dal torrente delle nascite; altrimenti, al fondo dello Spazio, io li lego alla donna, e il loro destino ritorna sotto il giogo dei miei turbini. Ah! Se le vedessi, le anime invisibili uscire a sciami dalle tombe, vacillare e salire sui miei raggi pazienti scivolare in folla sulle acque! Alcune, prendono la folle corsa dai campi, più rapide della parola, passano, rasenti il suolo, si lanciano nell’aria, si sospendono su caligini opache, o sognano su rocce deserte. Le altre, raggiunta la sfera delle nuvole, cercano di volare fino a me, scalando l’Etere, afferrandosi ai miei miraggi, ruzzolando, tremanti d’emozione, risalendo, raggiungendomi palpitanti di visioni, giocando a branchi sui miei greti, spaziando nei miei vulcani, cercandosi, chiamandosi, trovandosi, formandosi in schiere, e portando a spasso i loro cori nei miei valloni sulle groppe del mio grande circo scintillante. Ma la Terra ti chiama, addio! Parla alle Stelle: Io ti perdo all’orizzonte. Forza, quando del tuo corpo lascerai il sudario nella sua funebre prigione, non temere: vieni, monta i miei corsieri di luce, credi, - e verso la fonte prima da cui scaturisci, verso il Dio superbo, dall’arco vermiglio, fissando fortemente il tuo pensiero, va! Io ti lascerò, dalla mia sfera ghiacciata salire senza ostacoli al Sole!...



Tratto dal VI capitolo de LA CLEF DE LA MAGIE NOIRE (1897) di Stanislas de Guaita che qui cita Il Testamento lirico, di Alexandre Saint-Yves, p. 384-387 [ed. francese].

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