venerdì 13 agosto 2010

IL SOLE E LA LUNA. Cosmogonia Nordica. de "Il meraviglioso mondo di Shangri-La"


IL SOLE E LA LUNA. Un uomo si chiamava Mundilfori. Aveva due figli. Erano così belli e splendenti che chiamò il figlio Màni e la figlia Sòl, come la Luna e il Sole, e diede questa in sposa all'uomo di nome Glenr. Ma gli Dèi, colpiti dalla sua arroganza, rapirono fratello e sorella e li posero in cielo. Fecero guidare a Sòl i cavalli che trainavano il carro solare, costruito dagli Dèi per illuminare il mondo con una scintilla presa nel Mùspellheimr. I due cavalli si chiamavano Arvakr e Alsvidr. Sotto le scapole dei destrieri gli Dèi posero due mantici di ferro per rinfrescarli durante la loro corsa. Svalinn ha nome lo scudo che fu messo davanti al Sole: se fosse tolto da quel posto mari e monti avvamperebbero. Màni fu preposto ai movimenti della luna, oltre che al crescere e al calare delle sue fasi. E vi è ancora una ragione per cui Sòl e Màni corrono nel cielo senza mai fermarsi, ed è che sono eternamente inseguiti da due Lupi...
IL SOLE E LA LUNA... E I LORO CARRI. Una caratteristica del pensiero cosmologico dei popoli indoeuropei era la concezione del sole e della luna che si muovevano in cielo su carri trainati da cavalli. Troviamo quest'idea in luoghi lontani tra loro come la Grecia e l'India. Che fosse ben radicata anche nell'antichità dei popoli germanici lo dimostra, secoli prima dei monumenti letterari del Medioevo scandinavo, il famoso carro solare [solvognen] ritrovato a Trundholm, in Danimarca, e risalente all'età del bronzo (circa 1400 a.C.). Tali carri solari e lunari, nelle varie mitologie dove sono attestati, hanno aurighi appositamente incaricati di permettere ai due astri di percorrere il loro cammino giornaliero e notturno. Talvolta, anzi, come nella mitologia greca, insorge confusione tra l'astro stesso e il suo auriga. Qualcosa del genere avviene anche nella mitologia nordica, dove il sole e la luna vennero a confondersi, in epoca tarda, con la fanciulla e il ragazzo che guidavano rispettivamente il carro solare e quello lunare. Per i Germani, infatti, come anche per Slavi e Balti, il sole [Sòl] è femminile e la luna [Màni] maschile. Nella più antica versione del mito, quella riferita nel Vafbrùdnismàl, il sole e la luna (Sòl e Màni) sono figli di Mundilfòri, e non c'è dubbio che qui si parli proprio dei due astri: Hvaðan máni um kom, svá at ferr menn yfir, eða sól it sama. Mundilfæri heitir, hann er mána faðir ok svá Sólar it sama; himin hverfa þau skolo hverjan dag öldom at ártali. Da dove la luna è venuta, lei che sugli uomini va, e il sole ugualmente? Mundilfòri si chiama colui che fu il padre della luna e del sole ugualmente; il cielo percorreranno quei due ogni giorno per segnare agli uomini il tempo. Edda poetica > Vafbrùdnismàl. Ma Snorri complica le cose quando ci narra che Mundilfòri non fu padre tanto del Sole e della Luna, quanto di due ragazzi che vennero chiamati Sòl e Màni poiché erano talmente belli da essere paragonabili al Dole e alla Luna.Sá maðr er nefndr Mundilfǿri er átti tvau börn. Þau váru svá fögr ok fríð at hann kallaði annat Mána en dóttur sína Sól, ok gipti hana þeim manni er Glenr hét. En guðin reiddusk þessu ofdrambi ok tóku þau systkin ok settu upp á himin, létu Sól keyra þá hesta er drógu kerru sólarinnar, þeirar er guðin höfðu skapat til at lýsa heimana af þeiri síu er flaug ór Muspellsheimi. [...]. Máni stýrir göngu tungls ok ræðr nýjum ok niðum. Hàr disse: «Un uomo che si chiamava Mundilfòri ebbe due figli. Essi erano così belli e gentili che egli chiamò suo figlio Màni e sua figlia Sòl e diede questa in sposa a quell'uomo che si chiamava Glenr. Ma gli dèi si adirarono per questa insolenza, presero i due fratelli e li posero in cielo, costringendo Sòl a cavalcare quei cavalli che tirano il carro del sole, che gli dèi avevano creato per illuminare il mondo con quella favilla che era sfuggita dal Mùsplellsheim. [...]. Màni dirige il corso della luna e governa le sue fasi. Snorri Sturluson: Edda in prosa > Gylfaginning Mundilfòri è un personaggio che appartiene a un'antichità portentosa: sembra logico presumere che la versione del Vafbrùdnismàl sia la più vicina al mito originale e che Snorri abbia in realtà editato una confusione riguardo agli astri stessi e ai loro aurighi. Una curiosità del carro del sole, riferita dalle fonti scandinave, era la necessità di disporre di appositi ripari che difendessero i cavalli e il loro auriga dal calore solare. In Grìmnismàl si parla di uno strumento chiamato ísarnkol, nascosto sotto i petti dei cavalli. Secondo Zoëga, ísarnkol deriva da ísarn «ferro» – che più spesso si trova nella forma contratta járn – e da kol, che sarebbe una forma di kaldr «freddo», col senso complessivo di «ferro freddo» (Zoëga 1910). Snorri propone di vedere nell'ísarnkol un «otre di vento» [vinbelgr], cioè una specie di mantice, ossia un utensile che produce aria. Sia Giorgio Dolfini che Gianna Chiesa Isnardi presumono che il mantice stesso sia fatto di ferro (Isnardi 1975, Dolfini 1975). Ma più di un dubbio sorge sul fatto che una poema alto-medievale come l'Edda potesse citare uno strumento così specifico, tanto più che i mantici nell'antichità non erano fatti con parti di ferro: pare che fossero veri e propri otri o bisacce di pelle. Non è un caso che persino il termine italiano «mantice» derivi dal latino medievale manticum, ovvero «borsa, bisaccia».È molto probabile che questo ísarnkol fosse, almeno in origine, un riparo metallico, forse in analogia con lo scudo Svalinn che inGrìmnismàl è detto proteggere l'intera terra dal fulgore solare (senza di esso, infatti, i monti brucerebbero e il mare evaporerebbe).

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